La teoria qualitativa della moneta è quella che sostiene che il valore di una moneta non dipende unicamente dalla quantità di essa che circola in un'economia, ma dalla destinazione produttiva (o meno) che le viene data.
Vale a dire, la teoria qualitativa della moneta afferma che la quantità o l'offerta di una moneta non è l'unica cosa che ne determina il valore, ma la qualità del suo uso.
Ciò che la teoria qualitativa del denaro solleva è che emettendo una maggiore quantità di denaro, può essere indirizzata a fattori produttivi. In questo modo, la quantità di beni e servizi aumenterebbe.
Se ciò è vero, l'effetto sui prezzi che un aumento dell'offerta di moneta avrebbe, secondo questa teoria, dipenderebbe dal fatto che detto surplus di moneta generi o meno una maggiore offerta aggregata nell'economia.
Per dirla in altro modo, se la quantità di denaro aumenta, ma non la quantità di beni e servizi nell'economia, l'inflazione si verifica perché un'offerta di moneta più ampia insegue lo stesso numero di elementi.
Tuttavia, se la quantità di moneta aumenta e anche la produzione, i prezzi non dovrebbero aumentare (o almeno non allo stesso ritmo dello scenario precedente).
È riconosciuto come esponente di questa teoria l'argentino Walter Beveraggi Allende, che pubblicò nel 1982 il testo “Teoria qualitativa della moneta: contro il “monetarismo”, l'inflazione e la disoccupazione”.
Teoria qualitativa e quantitativa
La teoria qualitativa si oppone alla teoria quantitativa della moneta che mette in relazione l'offerta di moneta e il livello dei prezzi in un paese. Così, vari autori di questa corrente, come Irving Fisher e David Ricardo, hanno sostenuto che un aumento della quantità di moneta genera inflazione.
In ogni caso, ciò che fa la teoria qualitativa è sottolineare che la quantità di denaro non è l'unica variabile che ne influenza il valore. Quindi, una politica monetaria espansiva da sola non genererebbe inflazione.