Il commercio estero mostra ancora i suoi punti di forza

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Il commercio estero mostra ancora i suoi punti di forza
Il commercio estero mostra ancora i suoi punti di forza
Anonim

Il commercio estero, come si evince dagli indicatori, non ha smesso di funzionare anche in tempi di pandemia. Tuttavia, il messaggio protezionista, usando la pandemia per guadagnare seguaci, sta guadagnando sempre più peso.

In numerose occasioni, in Economy-Wiki.com abbiamo discusso dell'importanza del commercio estero per rilanciare le economie, nonché della stretta relazione, manifestata in numerosi studi, tra crescita economica e apertura dei paesi al mondo esterno. Tuttavia, con la pandemia, il dibattito pubblico mostra un nuovo dibattito che, per gli ortodossi, era, o almeno così si credeva, più che chiuso. Un dibattito che, visto cosa ha significato la pandemia, ha riaperto i desideri protezionisti di tanti leader, che minacciavano la chiusura dei loro Paesi e che hanno utilizzato la pandemia per applicare quelle politiche protezionistiche tanto agognate.

Ed è che, di fronte al grave shock, sia dell'offerta che della domanda, che la pandemia supponeva, l'impossibilità di continuare a sviluppare qualsiasi attività economica a causa delle misure di distanziamento sociale applicate supponeva un'interruzione forzata dell'attività commerciale in tutto il pianeta. Nel giro di poche settimane tutto il traffico di beni e servizi che circolava nel pianeta ha subito un drastico arresto che si è concluso con la rottura delle diverse catene del valore che operano sul nostro pianeta. Ed è che, tenendo conto che la Cina è il primo anello della catena, essendo il principale produttore di manufatti nel mondo, l'impossibilità di importare la merce ha portato a una carenza che ha finito per causare il dispiacere di molti governanti.

Questa situazione, nonostante fosse una situazione che si era verificata come un fenomeno naturale, ha portato questi leader, tra cui spicca Donald Trump, a cantare messaggi che suonavano molto familiari a molti di noi. Messaggi che, come quelli diffusi lo scorso anno, includevano lo spirito protezionistico dei diversi leader che in precedenza avevano cercato di bloccare questo fenomeno. Tuttavia, sfruttando la pandemia e attuando il messaggio, il protezionismo, in un momento in cui la Cina aveva molte inimicizie dovute alla convinzione di aver diffuso la pandemia in tutto il mondo, ha avuto un grande impatto sulla società.

Ebbene, vista la situazione che si presenta, la società, timorosa che questa situazione si ripeta con maggiore frequenza, ha “comprato” il messaggio dei sostenitori delle tariffe, per evitare che si verificasse una nuova situazione di penuria nel Paese. Tralasciando però tutto il contributo che, in anni di storia, il commercio ha dato alla nostra economia. Un contributo che, come dicevo, non si raccoglie solo nei principali paper che affrontano questo tema, ma si raccoglie anche in indicatori che, così come evidenziano la debolezza di certi settori in situazioni come quella che ci capita oggi, evidenziano la forza di un settore che, come il commercio estero, continua a girare liberamente, deteriorato, ma costante.

Messico: l'esempio da seguire

In un momento come quello attuale, dove l'economia messicana era uscita da una forte stagnazione alla fine dello scorso anno, l'arrivo di accordi come quello raggiunto con Stati Uniti e Canada, il T-MEC (ex NAFTA) , supponeva una boccata d'aria fresca, oltre che sollievo, per un'economia che, in precedenza, non stava attraversando la sua situazione migliore. E, in questo senso, l'accordo raggiunto, tenuto conto di ciò che questo comportava, nonché delle discrepanze con Donald Trump, è diventato lo strumento principale che il Messico avrebbe poi dovuto affrontare per combattere la pandemia.

Per avere un'idea di cosa stiamo parlando, il commercio estero rappresenta per il Messico né più né meno dell'80% del suo prodotto interno lordo (PIL). Nell'ultimo anno fiscale, solo le esportazioni realizzate dal paese hanno sostenuto il 40% del PIL messicano; alcuni dati che rendono facile farsi un'idea del grande potenziale che questo settore rappresenta per la crescita economica del Paese, essendo un chiaro motore economico. Poiché, quando ci si sofferma ad osservare il comportamento del Messico nei mercati internazionali, nonché l'evoluzione mostrata dalla partecipazione del paese azteco in questi mercati, si vede che il settore non ha permesso di aumentare il proprio peso nell'economia. In questo senso, passando dal 17%, che era questo il peso del settore estero sul PIL nel 1970, al peso che, con l'80%, rappresenta oggi questo settore.

E, se torniamo all'anno 1994, con l'entrata in vigore del NAFTA, il commercio tra il Messico ei due partner commerciali che compaiono in detto accordo è cresciuto notevolmente. Tanto che, dal 1994 alla fine del 2018, il volume di commercializzazione tra Messico e Stati Uniti è passato da 82 miliardi di dollari a 612 miliardi di dollari, con un incremento del 646%, mentre gli scambi tra Messico e Canada sono aumentati dell'808% durante il stesso periodo di tempo.

In questo senso, dati alla mano, vediamo che il NAFTA è stato, ed è, il motore principale delle esportazioni messicane. Esportazioni che, se le scomponiamo e le classifichiamo per destinazione, concentrandoci su quelle inviate negli Stati Uniti, sostengono il 31,2% del PIL del Paese. Tenendo conto che il peso delle esportazioni totali sul PIL è del 39%, che gli Stati Uniti sostengono il 31% riflette il peso di questa potenza economica nelle relazioni del Messico.

In linea con quanto detto, va detto che questa situazione non sarebbe stata possibile senza alcuni eventi che hanno favorevolmente favorito il Paese azteco. Ebbene, la guerra commerciale che si stava aprendo tra Cina e Stati Uniti lasciava al Messico uno spazio libero affinché gli Stati Uniti trovassero in esso il suo principale partner commerciale. Un evento che oltre a verificarsi, ha portato con sé un forte aumento del traffico di merci con gli Stati Uniti, che è davvero notevole.

Una crescita che, va notato, non è stata lesa nemmeno in tempi di pandemia, dovendo dire che, grazie all'accordo e a quella posizione strategica del Messico, le esportazioni tra gennaio e agosto di quest'anno si sono attestate a 202.950 milioni di dollari, ovvero che ha rappresentato un calo del 15,7%, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Tenendo però conto, come dicevamo, che si tratta di un calo più contenuto rispetto a quello verificatosi nel 2008, anno in cui questi sono diminuiti del 26,7% del tasso annuo.

Ecco perché, per inciso, questa situazione ha portato il Paese a registrare un surplus storico di 68,42 miliardi di dollari.

Insomma, e in linea con le conclusioni tratte dai principali rapporti commerciali, il commercio estero non è solo una via di crescita per i Paesi, ma è anche la via su cui le diverse economie dovrebbero fare affidamento, insieme ad altri settori, per uscire dal pantano in cui si trovano. I dati per il Messico parlano da soli; dimostrando che, nonostante la pandemia, il Paese ha continuato a primeggiare come principale partner commerciale della prima potenza economica mondiale. Tuttavia, a prescindere dalla scienza, la pandemia continua a mettere in pericolo il fenomeno della globalizzazione, minacciando il ritiro delle catene del valore. Azioni che, appunto, non favoriranno quella tanto attesa ripresa.